sabato 1 ottobre 2011

Jabil, 350 operai rischiano il posto

Crisi. Presidio di 150 lavoratori ieri mattina allo stabilimento di Cassina de’ Pecchi per scongiurare la chiusura

Jabil, 350 operai rischiano il posto
Già da luglio scorso, sono 350 i lavoratori della Jabil che presidiano lo stabilimento di Cassina de’ Pecchi, alle porte di Milano, per scongiurarne lo smantellamento e per evitare che vengano rimossi i macchinari e i materiali. Si tratta di un’azienda di apparati a microonde per l’accesso a reti fisse e mobili, venduta a Competence e riacquistata dalla multinazionale americana. Al presidio, organizzato ieri mattina, ad accompagnare i 150 operai c’era anche una folta rappresentanza di lavoratori della Nokia Siemens Networks.
«Nokia Siemens, che garantisce l’80% del fatturato di Jabil nel settore dei ponti radio, è da poco venuta a sapere che si pensa anche a una sua possibile cessione - spiega Marcello Scipioni della segreteria Fiom della Cgil di Milano - Se si aprisse anche per lei una questione di smantellamento, altri 100 lavoratori rischierebbero di trovarsi senza un’occupazione». Con il presidio i lavoratori hanno voluto lanciare l’ultimo grido di allarme, dato che oggi a Roma ci sarà un incontro al ministero dello Sviluppo Economico e i proprietari di Jabil dovranno comunicare i loro progetti sugli stabilimenti di Cassina e Marcianise. Il contributo del “governo lombardo” in questi mesi non è andato oltre le promesse di costruire un tavolo di trattativa con i committenti e con le istituzioni locali.
«Un nervo nella questione rimane ancora scoperto: manca totalmente nella risoluzione della questione la sponda istituzionale – continua Scipioni - Questo polo tecnologico per noi va assolutamente preservato: qui si tratta del futuro di generazioni. Come è stato anche nel passato, questa che è stata l’azienda più importante di Cassina rischia oggi di svanire dal punto di vista della ricerca e della produzione. È da tempo che chiediamo l’intervento della Regione che ha a disposizione i fondi per implementare la rete della banda larga, di cui questa azienda è un polo strategico. Insisteremo in questa come in altre aziende del settore per tutelare i migliaia di posti che sono a rischio»  conclude. Una soluzione rinviata da troppo tempo, di cui nessuno vuole farsi carico; i lavoratori, già fortemente ridimensionati nel loro lavoro per una turnistica e una cassa integrazione in deroga che non offre spunti di ottimismo, rischiano di rimanere senza occupazione, con le produzioni trasferite all’estero. 
 Silvia Morosi

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