sabato 1 ottobre 2011

Solidarietà fuori zona

Ambulatorio, sfratto rimandato

Il caso. Il provvedimento ufficiale scattato ieri è stato posticipato al 15 novembre. Si cerca una soluzione

Ambulatorio, sfratto rimandato
Rinviato al 15 novembre lo sfratto dell'ambulatorio popolare di via dei Transiti 28. Al presidio organizzato ieri mattina contro lo sgombero, che doveva essere effettuato proprio ieri, hanno partecipato un centinaio di persone. «Ci aspettavamo l'intervento della forza pubblica invece abbiamo ottenuto un rinvio, purtroppo molto breve, sia per l'appartamento occupato che per l'ambulatorio», racconta  Sandra, una delle volontarie dell'ambulatorio, aperto nel giugno del 1994 per offrire a chiunque visite mediche gratuite e ai migranti informazioni sui loro diritti. «Per l'ambulatorio, al contrario dell'appartamento, non ci sono trattative in corso con la proprietà, che non è interessata a darcelo in affitto a un prezzo simbolico – spiega la volontaria -. Nonostante la sanità sia regolata a livello regionale e nazionale, chiediamo all'attuale amministrazione non degli spazi, ma un aiuto nella battaglia che portiamo avanti ogni giorno, ad esempio agevolando l'accesso dei migranti alla struttura sanitaria pubblica, per far sì che come al San Paolo anche in altri ospedali si aprano altri ambulatori che possano fare quello che noi facciamo qui».
Negli ultimi anni sono anche aumentati gli italiani che si rivolgono alla struttura per chiedere aiuto, come nel caso degli anziani che domandano quale tra le prescrizioni loro assegnate sia più urgente, non avendo i soldi per pagarle tutte. «Tutti gli operatori della struttura sono volontari – precisa Sandra -. Tra loro ci sono un direttore sanitario, un gruppo di 5/6 medici e altrettanti operatori che si occupano dell'accoglienza e della gestione. Offriamo attività medica due pomeriggi a settimana, visitando circa 30 persone. Abbiamo visitato in questi anni circa 5000 persone, di cui abbiamo le cartelle cliniche, senza contare coloro che dirottiamo verso la struttura pubblica. Una volta al mese un avvocato presta assistenza legale su questioni di lavoro e due volte al mese diamo informazioni sanitarie alle donne». Parallelamente a questa attività c'è «un continuo braccio di ferro con la Asl che ha tempi lunghissimi nella consegna della tessera sanitaria agli immigrati in regola o che non rilascia gli ausili salvavita agli irregolari che hanno comunque diritto a quel tipo di cure», conclude Sandra, sottolineando che «se la legge Bossi Fini ha portato al riconoscimento di alcuni diritti sanitari dei migranti anche senza permesso di soggiorno è anche grazie al fatto che noi abbiamo portato avanti con Caritas e Naga una proposta che è andata insabbiata ma che abbiamo ritrovato uguale nel testo della prima normativa sui migranti. Il minimo di garanzie sanitarie che ci sono è anche merito nostro». 
Silvia Morosi

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